L’orizzonte di un bambino
Lascia un commento02/07/2015 di ZENZEROB™
I bambini nascono perfetti. Crescendo, la loro esposizione al mondo adulto li corrompe.
Pochi sono gli insegnamenti che noi, tutor di due apprendisti, vorremo essere certi di trasmettere:
1) abbandonarsi alla dipendenza da zenzero fresco;
2) ricordarsi che ogni persona di buona volontà ha il dovere di non occuparsi di calcio, ma nei momenti di debolezza si dovrà tifare Torino con tutta la forza e il trasporto del caso;
3) non c’è una terza cosa, ma nelle elencazione per punti, il numero è importante: tre va bene; anche sette. Dieci, ottimo; dodici, pure. Si attinge dai testi sacri e la prassi si fa laica. Ecco, dovendo inventarci su due piedi e dieci dita un terzo punto, diremmo – ah, sì, certo – di disprezzare con fermezza il gioco d’azzardo in tutte le sue forme, anche quelle apparentemente più innocue. Di innocuo lì non c’è un bel niente.
Fra un mese e una settimana il nostro apprendista più grande compie tre anni. Ancora non parla.
Sì, parla, ma non bene. Dovremmo preoccuparci? Forse, eppure non ci preoccupiamo per niente: per comunicare, per capirsi, non c’è strumento meno adatto che quello delle parole.
È uno spasso infilarsi in quel cantiere creativo della lingua in costruzione. Pur nella distorsione, ci sono delle regolarità: la lettera elle non esiste, al suo posto c’è la i; “bello”, per lui, è beiio”, “palla” è “paiia”, “carrello” (parola fondamentale per un apprendista supermercatologo) è caiieèiio. Sì, perché nemmeno della erre c’è traccia. Nelle parole trisillabiche, quella centrale è rimossa in tutto o in parte, con danneggiamenti anche per le altre due: pavone è poone, bambino è bino, biscotti sono bootti. La parola pantaloni, misteriosamente e meravigliosamente, diventa baiabùdi. Così, in redazione, anche per gli adulti ormai i pantaloni si chiamano baiabùdi.
“Andiamo al parco giochi”? Eh, andiamo al parco giochi è pronunciata perfettamente.
Ogni tanto interroghiamo Ismail, lo prendiamo in braccio, indichiamo un oggetto o una parte della casa e gli chiediamo di nominarli:
– Cos’è questo?
– Muoooooo!, il muro.
– Cos’è questa?
– Poooootaaaaa!, la porta.
– Cos’è questo?
– Taaaavoooo!, il tavolo.
Ismail risponde a voce alta, con gioia. Grida. Rispondere è una festa.
Un giorno abbiamo appoggiato l’indice sulla finestra.
– Cos’è questa?
Attimo di riflessione.
– Maccaaaaa!
La macchina.
Il nostro apprendista, attraverso il vetro trasparente, aveva guardato giù nel piazzale, là dove tante automobili sono sempre parcheggiate.
“Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. E quando l’adulto indica qualcosa a pochi centimetri da sé, il bambino è già oltre. L’orizzonte di un bambino è illimitato, gli adulti si agitano in stretti recinti.
Al Tigros, fino al sette luglio, il pesto alla genovese della Rana è in offerta in due-per-uno a un euro e dieci al vasetto. Cosa c’entra? Niente, era per non finire fuori tema.